Il bel capitano dagli occhi scuri e la dolce baronessa
Quella del Capitano di corvetta, il sommergibilista Mario Ciliberto, è una bella storia, purtroppo senza un lieto fine. Coraggioso e intrepido, si innamorò di una donna elegante e raffinata, Maria, conosciuta in qualche evento del bel mondo che allora si frequentava.
Fu una storia d’amore, una storia che si snodò tra gli anni ’30 e ’40, in un filo che legava due cuori e due cittadine, Crotone, città natale del capitano e Gioiosa, città natale della baronessina Macrì.
……La strage di Cefalonia con oltre diecimila soldati fucilati, è da considerarsi un gravissimo crimine non contro un popolo, ma contro l’Umanità, i cui responsabili, a fine guerra, dovevano essere pesantemente puniti e condannati. Il Governo Repubblicano Italiano, costituitosi nel 1946, preferì non indagare sui fatti, sugli eccidi e sulle responsabilità dei tedeschi, per cui il velo dell’oblio deliberatamente cadde su tutti i misfatti.
Anche sulla resa e sulla capitolazione dei soldati italiani in Grecia, il Governo italiano, piuttosto che renderle pubbliche, perché l’indagine per scoprire la verità sarebbe risultata particolarmente disonorevole per gli stessi italiani, preferì ignorare gli ordini di resa, le fucilazioni, le stragi e gli imbarchi forzati dei soldati italiani da inviare in Germania come forza-lavoro. Su un totale di 12.500 soldati, furono massacrati 10.500 uomini e su 525 ufficiali ne furono uccisi 390. I superstiti furono successivamente inviati o in Russia o in Germania. E furono pochi coloro che ritornarono in patria.
Ed inoltre, ad esclusione dei martiri di Cefalonia trucidati dai tedeschi, circa tredicimila soldati italiani fatti prigionieri dopo la resa in Grecia, morirono nell’affondamento delle navi su cui erano stati imbarcati. …….
Alle origini del Vril: ovvero tutto nacque da alla fantascienza (ante litteram…)
Come inizia la storia del Vril?
E’ una storia strana, che non parte dall’esotica e remota India dei tempi andati, come si potrebbe pensare, ma dalla più vicina e prosaica “perfida Albione” dell’Ottocento. Il termine, infatti, deriva direttamente da una novella dello scrittore, drammaturgo e politico britannico Edward Bulwer-Lytton (per altro, autore delle celebri frasi “Era una notte buia e tempestosa” (nel romanzo “Paul Clifford”), “la penna è più potente della spada”) dal titolo “The Coming Race” (La razza ventura), scritta nel 1871. Il romanzo, destinato a segnare la fine del XIX secolo ma anche il secolo che seguirà, con spunti che arrivano fino ad oggi, appena pubblicato non ebbe un grande successo, ma il suo indubbio fascino emerse solo parecchi anni dopo, tanto che in Italia venne pubblicato per la prima volta nel 1898, “solo” ventisei anni dopo la sua prima edizione inglese, ebbe grande successo, soprattutto per ragioni “esoteriche”.
Per eventuale stampa il formato della pagina è un A5 Il Formato A5 ha le seguenti dimensioni: in centimetri è 14, 8 cm x 21,0 cm in millimetri è 148 mm x 210 mm in pollici è 5,8 in x 8,3 in
Intendiamo qui proporre sinteticamente un semplice profilo storico-culturale del periodo che precedette l’avvento del fascismo, e segnatamente dagli ultimi anni dell’800 al 1920. Per questo, ci sembra opportuno prendere in considerazione un particolare argomento di polemica storiografica.
Ci riferiamo al giudizio circa l’interpretazione dei rapporti fra Risorgimento e post-risorgimento, tra quel passato mirabile e la situazione politico-sociale che ad esso è seguita. Quanto di quella vita è divenuto presupposto operante della nuova viva storia? È vero che il Risorgimento è stato “tradito” da una classe dirigente inferiore al suo compito? E che questa classe dirigente ha lasciato apaticamente cadere la generosa ma labile facciata di libertà costruita dal Risorgimento, ponendo a nudo un retaggio di miserie e d’incapacità secolari su cui ebbe facile presa la dittatura totalitaria?
Non si tratta – sia ben chiaro – di sostituire la politica alla storia, confondendo l’una e l’altra in una equivoca mescolanza. Il problema è all’opposto, di intendere o almeno di sforzarsi di intendere più rigorosamente e più a fondo il Risorgimento stesso, sotto lo stimolo vivificante di esigenze politiche e morali del presente, mediante il giudizio dei frutti che esso ha dato nel corso del secolo e mezzo di storia che è trascorso dal compimento dell’Unità.
L’autunno di fuoco è arrivato, con il suo carico di sofferenze e di morti per l’epidemia di COVID19. Ma noi rimaniamo attivi e fiduciosi con la nostra ammiraglia in piena forma, con la pubblicazione del nuovo numero della rivista “la Ciminiera – ieri, oggi e domani”.
In sommario, nel n. 11:
1) Editoriale di Pasquale Natali p. 02
2) Novembre romano di Daniele Mancini p. 03
3) Fatti non foste per viver come vetro
di Raoul Elia p. 05
4) Un computer per le predizioni? di Raoul Elia p. 08
5) Sole e Luna nella mitologia norrena di Greta Fogliani p. 11
6) Il Mitreo dei marmi colorati di Ostia Antica di Daniele Mancini p. 15
7) Emigrazione di Angelo Di Lieto p. 17
8) Morire d’amore di Angelo Di Lieto p. 20
9) Gli Indios sono uomini: la Sublimis Deus di Paolo III (1537) di Gabriele Campagnano Zweilawyer p. 24
10) Viaggio nella Sessualità Medievale
Pier Damiani e Burchard di Gabriele Campagnano Zweilawyer p. 27
11) Studi sul mosaico della Casa di Aion a Paphos, Cipro, tradotto e rielaborato da Daniele Mancini p. 34
Hanno scritto per noi in questo numero:
Angelo Di Lieto, Raoul Elia, Gabriele Campagnano Zweilawyer, Greta Fogliani, Daniele Mancini,
Copertina del n. 10 2020 de la Ciminiera
L’estate è finita, l’autunno di fuoco della pandemia e della scuola è iniziato ed ecco che esce il nuovo numero della rivista “la Ciminiera – ieri, oggi e domani” (speriamo che almeno questa sia una buona notizia…).
In sommario, nel n. 10:
1) Editoriale di Pasquale Natali p. 02
2) Ottobre romano di Daniele Mancini p. 03
3) Fake news borboniche di Raoul Elia p. 05
4) Gi Indios uomini o animali di Gabriele Campagnano Zweilawyer p. 10
5) Il mandriano e il brigante di Angelo Di Lieto p. 17
6) Amore e pietà ai tre martiri di Catanzaro di Angelo Di Lieto p. 19
7) Filomena e la Madonna di Raoul Elia p. 22
8) Inizio della Genesi norrena di Greta Fogliani p. 24
9) Leonida a Teate di Daniele Mancini p. 27
10) Il regno della Bumelliana di Raoul Elia p. 31
11) Al Fuhrer piacevano i giocattoli grandi di Raoul Elia p. 34
Hanno scritto per noi in questo numero:
Angelo Di Lieto, Raoul Elia, Gabriele Campagnano Zweilawyer, Greta Fogliani, Daniele Mancini,
Nuova serie per il CSB.
In questa nuova stagione, cercheremo di fare anche una panoramica della storia moderna degli UFO. Partiamo con la puntata 0.
Zero perché il termine UFO non è ancora neppure nelle idee dei cronisti del mondo, la guerra, invece, è ancora lontana dall’essere finita, Hiroshima e Nagasaki sono ancora in piedi e ignare e Hitler sta celebrando il suo compleanno sul picco delle aquile, quando cominciano comparire nei cieli del mondo strane luci…
Numero speciale, monografico, dedicato ai luoghi della paura, dalla foresta al cimitero, dall’ossario, alla metropolitana, per finire con la casa infestata.
Un po’ di brividi, insomma, sperando che aiutino nella calura estiva.
Alla prossima e buona lettura
Scarica qui la Ciminiera n. 1 (2017) o leggila su Calameo
La connessione con il mondo delle armi di Marte è testimoniata anche da un’altra leggenda che, anche se in modo indiretto, ci dice che gli scudi erano sacri al dio.
Narra infatti Livio che quando Tarquinio Prisco decise di “ristrutturare” il Campidoglio costruendovi sopra un vero e proprio tempio dedicato a Giove Ottimo Massimo, timoroso di non creare problemi fra la comunità e i suoi dei (era etrusco, del resto), prima di fare danni, decise di “importunare” gli dei che avevano un sacello, un recinto sacro, un’ara o quanto altro per chiedere loro se acconsentissero a spostarsi in altro sito per far posto al dio degli dei.
Tutti gli dei acconsentirono tranne Terminus, Juventus e Mars, che non vollero spostarsi.
Allora Tarquinio fece costruire il tempio rispettando i sacelli dei tre dei permalosi, ma, quasi per punirli, decise che questi dei sarebbero stati adorati in modo che nessuno potesse chiaramente riconoscerli.
Che successe al buon Marte?
Il dio non doveva avere un vero tempio (altrimenti si sarebbe parlato di “aedes”, che per i Romani individua un tempio coperto, sul modello greco, per intenderci), ma più probabilmente un sacello (ovvero un altare con copertura ma aperto sui lati) senza statua del dio. Probabilmente, come suggerisce Marcattili nel suo articolo Moles Martis, si trattava di un feticcio, cioè di un oggetto non antropomorfo che suggerisce una corrispondenza con il dio.
E’ molto probabile che questo feticcio fosse uno scudo, o meglio una catasta di scudi, ovviamente nemici, come suggerisce il fatto che i legionari romani depositano ai piedi del sacello gli scudi dei nemici sconfitti. Ma a questo si accennerà meglio, insieme al mito di Tarpa, in un prossimo numero della rivista associativa Odisseo.
I Salii in processione con gli scudi portati a spalla
Ma ritorniamo ai Salii.
Lo scudo non è l’unico elemento militare associato al padre di Romolo.
Nella Regia, infatti, erano conservate, fin dai tempi della Roma monarchica, le dodici lance consacrate a Marte, le hastae Martiae, usate negli stessi riti: si credeva che se queste avessero incominciato a vibrare, sarebbe accaduto qualcosa di terribile.
Secondo la leggenda, le aste vibrarono la notte del 14 marzo del 44 a. C. quando Giulio Cesare, che ricopriva la carica di Pontefice Massimo, venne ucciso nel Senato.
Al termine dei loro riti, riposte le sacre armi, i Salii banchettavano in un modo talmente opulento da essere divenuto proverbiale: lo cita anche Orazio nella sua famosissima ode sulla morte di Cleopatra, dal titolo significativo Nunc est bibendum (Odi, I, 37).
Anche l’elemento agricolo è molto antico nella sua attestazione.
Tre esempi: il Carmen Fratrum Arvale, la preghiera riportata da Catone (o Carmen Lustrale) e le “pietre buone”.
Il Carmen era in versi saturni. Si tratta di un inno rituale, redatto, nella versione pervenutaci, in un latino del VI –V secolo a.C. Era recitato durante le Ambarvalie, cerimonie religiose per i campi e, da quel che ci resta, possiamo dedurre che si trattasse di una preghiera rivolta ai Lari ed a Marte, affinché proteggessero gli uomini ed i raccolti. Così come accade per il Carmen Saliare, questa poesia era di difficile interpretazione già per i romani dell’età classica.
Alle Ambarvalie erano preposti i “Fratelli Arvali”, un collegio di (ancora una volta) dodici sacerdoti: essi avevano come insegne ghirlande di spighe e bende bianche; la loro funzione era quella di immolare gli animali rituali (si trattava dei suovetaurilia, ovvero il sacrificio di un montone (ovis), di un maiale (sus) e di un toro(taurus)) dopo averli portati per i campi, di fare libagioni in onore degli dei e poi di recitare il carme, accompagnandolo con danza.
Il nome del collegio è collegato alle parole arvum o aruum, la “terra lavorata”. Plinio il Vecchio ci dice che questo collegio fu fondato da Romolo stesso, e i primi “fratres” furono lui stesso e gli undici figli di Faustolo ed Acca Larenzia, il pastore e la moglie che accolsero ed allevarono Romolo e Remo.
Il culto più arcaico era rivolto alla dea Dia e a Marmar o Mavors, poi confluiti nelle figure di Cerere e Mars Pater. Se ne può dedurre che il legame con la terra e i campi di Marte sia molto integrato nella cultura romana delle origini.
Altro esempio: la preghiera di Catone.
Marco Porcio Catone senior, detto “il censore”, è stato un uomo politico e uno storico romano di età repubblicana. Conservatore di posizione politica e culturale, ha redatto un manuale di storia delle origini (purtroppo perduto) dal significativo titolo di “Origines” e un manuale di gestione del latifondo, dal significativo titolo di “De Agri Cultura“.
Nel suo libro (frag. 141, 2-3), Catone riporta una preghiera a Marte, in qualità di protettore dei campi, per chiedergli di difendere i propri campi da malattie e sciagure. Il carme, chiamato Carmen Lustrale, presenta elementi della lingua orale e una tendenza alla ripetizione che lo rende simile alla preghiera cristiana.
Eccolo di seguito.
« Mars pater te precor quaesoque
uti sies volens propitius
mihi domo familiaeque nostrae.
Quoius rei ergo
agrum terram fundumque meum
suovitaurilia circumagi iussi,
uti tu morbos visos invisosque
viduertatem vastitudinemque,
calamitates intemperiasque
prohibessis defendas averruncesque,
utiques tu fruges frumenta,
vineta virgultaque,
grandire beneque evenire siris,
pastores pecuaque
salva servassis,
duisque bonam salutem valetudinemque
mihi domo familiaeque nostrae:
harunce rerum ergo,
fundi terrae agrique mei lustrandi
lustrique faciendi ergo,
sicuti dixi,
macte hisce suovitaurilibus
lactentibus inmolandis esto. »
« O padre Marte
ti prego e scongiuro,
perché tu sia favorevole e propizio
a me alla casa e alla nostra famiglia.
E per questa grazia
intorno al mio campo, alla mia terra e al mio fondo
un porco, un montone e un toro ho fatto condurre
perché tu i mali visibili e invisibili
la sciagura e la devastazione
la calamità e le intemperie
impedisca, scacci e allontani,
e perché le messi, il grano,
i vigneti e i virgulti,
tu li lasci crescere bene e svilupparsi,
e i pastori e le greggi
li conservi sani e salvi,
e buona salute e prosperità tu dia
a me, alla mia casa e alla mia famiglia:
dunque, per queste cose,
per purificare il fondo, la terra e il mio campo,
per ottenere la purificazione,
come ho detto,
sii onorato con il sacrificio
di questo porco, di questo montone e di questo toro ancora lattonzoli.
E veniamo al terzo esempio.
Nel tempio di Marte a Porta Capena, inoltre, erano conservate le Lapides Manales, “le pietre buone” o “dei Mani”, protagoniste del rito dell’aquilicium o “invocazione della pioggia”: nei periodi di siccità venivano prelevate dal tempio e fatte rotolare nei campi per ottenere la pioggia
Questo rituale evidenzia in modo particolare il primordiale carattere “pluvio” e “fertilizzatore” di Marte, che porta la pioggia, fondamentale per l’economia, sostanzialmente agricola, della Roma arcaica, sia monarchica che, soprattutto, proto-repubblicana.
Bibliografia
Aigner Foresti L., 1993, Oggetti di profezia politica: gli ‘ancilia’ del ‘Collegium Saliorum’, in PROFEZIA, pp. 159-168.
Arata F.P., 2010, Osservazioni sulla topografia sacra dell’Arx Capitolina, in MEFRA,122, 2010, pp. 117-146
Borgna E., 1993, Ancile e arma ancilia. Osservazioni sullo scudo dei Salii, in Ostraka, 2, 1993, pp. 9-42
Carandini A., 1997, La nascita di Roma. Dèi, Lari, eroi e uomini all’alba di una civiltà, Torino 1997.
Marcattili F., 1989, Moles Martis, il turpe sepulcrum di Tarpea e la Luna dell’Arx, in Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma, n. 1 (1987/88), Roma, L’Erma di Bretschneider, 1989, p. 7-31
Preller, Romysche Mitologie, citato in R. Del Ponte, Dei e miti italici – Archetipi e forme della sacralità romano-italica, ECIG, 3a ed. 1988
Williams G., Le origini della poesia a Roma in AAVV, La letteratura latina della Cambridge University, Milano, Mondadori, 1991.
Pontiggia G., Grandi M.C., Letteratura latina. Storia e testi, Milano, Principato, 1996.
La piramide conosciuta come il Tempio delle Iscrizioni a PalenqueNel sito Maya di Palenque, in Messico, scavi archeologici recentissimi hanno portato alla luce, è il caso di dirlo, un canale d’acqua sotterraneo costruito sotto il Tempio delle Iscrizioni, il monumento funebre che ospita l’antico re maya Pacal.
Secondo l’archeologo Arnoldo Gonzalez, scopritore del tunnel, la tomba e la piramide sarebbero state costruite di proposito sopra una fonte d’acqua, in un periodo tra il 683 e il 702 d.C. Il tunnel porta acqua da sotto la camera funeraria fino all’ampia spianata davanti al tempio. L’idea è che indichi al re morto Pacal (Pakal K’inich Janaab’, conosciuto anche come Pacal il Grande o semplicemente Pakal, è stato il più celebre re maya di Palenque) un cammino verso il mondo ultraterreno. Maschera funeraria del re maya Pacal. Fonte: Wikipedia Lo scavo e il tunnel
Il tunnel, che si collega a un altro, è realizzato interamente in pietra e misura circa 60 cm sia di larghezza che di altezza.
Il direttore del settore archeologia dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH), Pedro Sanchez Nava, dice che la teoria di Gonzalez ha senso, alla luce delle scoperte effettuate presso altri siti precolombiani, come a Teotihuacan, dove era stato rinvenuto un altro tunnel d’acqua.
«In entrambi i casi era presente una corrente d’acqua», dice Sanchez Nava. «C’è un significato allegorico per l’acqua… dove il ciclo della vita comincia e finisce».
Lo scavo è cominciato nel 2012, quando i ricercatori si erano interessati alle anomalie sotterranee, rilevate grazie a strumenti di rilevazione come il georadar, sotto l’area di fronte ai gradini della piramide. Scavando in un punto hanno scoperto tre strati di pietra accuratamente disposti sopra il tunnel.
Gonzalez dice che lo stesso tipo di copertura a tre strati era stato trovato nel pavimento della tomba di Pacal, dentro la piramide. Alzato del tempio e del canaleAlzato del canale
Nota: Le immagini dell’articolo, ove non indicato diversamente, sono di fonte INAH, che si ringrazia. Il tunnel