L’APOTEOSI DEL MILITE IGNOTO

. . .  Il pensiero di tutti cominciava a riandare al Carso, al Piave, al Grappa, a quelle battaglie, a quella gloria. Molti ricominciavano a raccontare con fierezza quel che avevano fatto e patito; a ricordare i morti non solo con dolore ma anche con orgoglio. I vivi e i morti quasi tornarono a riconoscersi e a vivere insieme. I vivi riascoltarono le parole dei morti. E per onorarli tutti, andarono a prendere fra i monti, fra le zolle del Carso e del Piave impastate di sangue, le ossa di uno di quei morti, di uno dei tanti, quasi diventate terra.
Come si era chiamato in vita quel morto? In quale città d’Italia, in quale colonia d’America o d’Egitto o di Tunisia era nato? A quale arma aveva appartenuto? Era un umilissimo fante o un generale? In quale fatto d’arme era caduto? Nes­suno lo sapeva. Esso era un combattente senza nome, morto nella guerra. Era il Milite Ignoto.
(G. Volpe, La Storia degli Italiani e dell’Italia.)

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