Ebbene si, ci siamo. Questa è la puntata numero 100 (CENTO!!!) di questa rubrica sul cinema di fantascienza dei tempi che furono. Abbiamo visto cosa intendevano per fantascienza i nostri padri e la nostra generazione, in modo da trasmettere quel “sense of wonder” che caratterizzava la sigla iniziale della nostra fantascienza alle nuove generazioni. Sembra ieri che abbiamo iniziato (e se per questo, qualche giorno fa che ho iniziato a vedere film di SF…) eppure sono passate 100 e più settimane, quasi due anni di attività, per la rubrica più longeva del blog.
Ma bando alla nostalgia. Parliamo di questo numero 100.
Come è d’abitudine, festeggiamo presentando un film fantastico, profetico, inquietante, metafisico quanto basta per essere un capolavoro: Stalker (1979) di Andrej Arsen’evič Tarkovskij.

La sched(in)a
Titolo originale Сталкер (Stalker)
Lingua originale russo
Paese di produzione Unione Sovietica, Germania Est
Anno 1979
Durata 161 minuti
Genere fantascienza, drammatico
Regia Andrej Arsen’evič Tarkovskij
Soggetto Arkadij e Boris Strugackij (romanzo Picnic sul ciglio della strada)
Sceneggiatura Arkadij e Boris Strugackij, Andrej Arsen’evič Tarkovskij
Fotografia Aleksandr Kniažinskij
Montaggio Ljudmila Fejginova
Musiche Eduard Artem’ev – estratti dalla Marsigliese di Claude Joseph Rouget de Lisle, dal Bolero di Maurice Ravel, dalla Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven
Scenografia Andrej Arsen’evič Tarkovskij

Il cast
Aleksandr Kajdanovskij: Stalker
Anatolij Solonicyn: Scrittore
Nikolaj Grin’ko: Professore
Alisa Frejndlich: Moglie dello Stalker
Nataša Abramova: Martyška (Scimmietta), figlia dello Stalker

Un po’ di storia
Il film si apre al di fuori della Zona, con delle scene girate in b/n. La scena d’apertura è un misero bar cui entra il proprietario accendendosi una sigaretta. Successivamente giunge quello che si mostrerà essere il Professore (Nikolaj Grin’ko) che viene subito servito. Una breve didascalia su fondo nero è il brano di un’intervista rilasciata da uno scienziato di nome Wallace ad un giornalista della RAI.
Un intellettuale e uno scienziato, rispettivamente chiamati “Scrittore” e “Professore” per tutta la durata del film, si avventurano nella “Zona”, un territorio rurale desolato e in rovina dove le normali leggi fisiche sono state stravolte per cause ignote. Isolata da un cordone di sicurezza governativo, in cui, tuttavia, gli stessi militari non osano spingersi. Il loro viaggio è legato ad una diceria: si vocifera infatti che all’interno della zona vi sia una stanza in cui si possono avverare i «desideri più intimi e segreti»: è questo il luogo che i due uomini vogliono raggiungere. Per affrontare il viaggio con qualche sicurezza, i due ingaggiano uno “Stalker”, una guida illegale esperta del territorio.
Dopo aver forzato un posto di blocco ed avere eluso una pattuglia, la scena muta da un mesto bianco e nero (per l’esattezza un “seppiato”) al colore. Lo Stalker condurrà il gruppo dapprima su un carrello ferroviario in un percorso lungo e monotono in campagna (la macchina da presa mostra lunghi momenti di soggettiva ortogonale all’asse vettore, a destra) e poi a piedi, nel cuore della Zona, nel continuo sforzo di riconoscere e superare insidie misteriose ed evitare le più pericolose. La guida intima ai due uomini di seguire fedelmente le sue istruzioni se vogliono sopravvivere, ma, a dispetto di quanto afferma e del dissesto ambientale, la Zona si mantiene sostanzialmente tranquilla (ci sono momenti di pioggia e qualcosa come un piccolo torrente), come in un momento di bonaccia, rispetto alle tremende evocazioni verbali dello Stalker. Mentre lo Scrittore ostenta scetticismo verso i timori dello Stalker, il Professore, al contrario, cerca di attenersi alle indicazioni. Questo dissidio contribuisce al mantenimento della suspense, nonostante il montaggio posato e il basso tasso di mutazioni nelle scene: i personaggi sembrano credere, chi più chi meno, all’incombenza di tremendi stravolgimenti dei manufatti o dello stesso spazio. Una carcassa di carro armato lascia intendere che una precedente intrusione militare sia stata sbaragliata.
Gran parte del film è centrato sulla descrizione e il confronto tra le personalità dei tre uomini, e sulle discussioni di stampo filosofico tra lo Scrittore e il Professore, sui motivi che li conducono alla ricerca della misteriosa stanza: lo Scrittore teme di perdere la sua ispirazione e vuole recuperarla, mentre il Professore desidera, a quanto sembra, vincere un premio Nobel.
Lo Stalker non l’ha mai visitata, ma non sembra allettato dal pensiero di realizzare i suoi desideri. Ciò che la guida conosce gli è stato confidato da un altro stalker suo mentore, soprannominato Porcospino, personaggio enigmatico, suicidatosi tempo prima e citato più volte dai personaggi. Lo Scrittore comprenderà il motivo del suo gesto. Il Porcospino decise di entrare nella stanza con lo scopo di esprimere il desiderio di resuscitare suo fratello, morto in precedenza nel cosiddetto “tritacarne”, il passaggio più difficile e letale della Zona, ma la stanza, che avvera i desideri più intimi e profondi, gli donò invece un’inaspettata ricchezza. Preso atto che nel profondo del suo animo tale brama era più forte persino del desiderio di riportare in vita il congiunto, il Porcospino si suicidò.
Una surreale conversazione telefonica all’interno di un edificio fatiscente, tra il Professore e un suo collega, rivela le vere intenzioni dell’uomo. Egli reca con sé una minuscola bomba atomica, trafugata dal laboratorio dove lavora, che mette a punto una volta giunti alla soglia della stanza, con l’intenzione di distruggerla, onde prevenire un eventuale uso indiscriminato e devastante dei suoi poteri. Tale rivelazione porta ad una discussione con gli altri due. Lo Stalker si dispera, supplica lo scienziato dicendo che la Zona è la sua unica risorsa e alla fine il Professore rinuncia al suo proposito, abbandonando l’ordigno smontato in un rivolo d’acqua. Dall’interno della stanza, la macchina da presa inquadra gli uomini seduti davanti all’ingresso con lo sguardo incerto rivolto verso la stessa, senza chiarire se vi entreranno o meno.
La scena successiva, di nuovo in bianco e nero, mostra il terzetto riunito al bar dove lo Stalker era stato ingaggiato. La guida si congeda e viene accompagnata a casa dalla moglie e dalla figlia, una bambina paralitica per effetto delle mutazioni indotte dalla Zona. Il film si conclude con una lunga scena ancora una volta a colori con la bambina sola, seduta ad un tavolo di cucina.
Dopo aver recitato una poesia, ella osserva in tralice alcuni bicchieri appoggiati sul tavolo che iniziano a spostarsi verso il bordo, apparentemente sospinti dal suo sguardo; si inizia a sentire il rumore di un treno in avvicinamento le cui vibrazioni scuotono i bicchieri con intensità crescente.

Analisi
L’incedere del film è lento, con forzature cromatiche (seppia iniziale più realistico nella Zona, colore che scompare quando l’azione ritorna nel bar in cui si erano dati appuntamento all’inizio del film e che ritorna solo nell’inquietante finale con la figlia “mutante” dello stalker), accostamenti stranianti, rendono straniante il lento e profondo viaggio catartico compiuto all’interno della cosiddetta “Zona”, dove le tre diverse concezioni della vita dei protagonisti si scontrano e si mettono in discussione, trascende i dettami del film di genere.
La tonalità seppia della prima parte del film, le ambientazioni per lo più vuote e desolate, con palazzi e capannoni fatiscenti e coperti di immondizia, strade desolate, silenzio, rotto solo dai passi umani dei tre viaggiatori e da un sidecar militare che pattuglia l’area che circonda la zona danno un senso di disperazione e solitudine.
L’uso del colore ricorda, anche solamente da lontano, le scelte cromatiche della narrazione di The Wizard of Oz (il Mago di Oz, 1939), mentre l’ambientazione sembra suggerire un modello dispotico di società che ha molti punti di contatto con le grandi distopie novecentesche, prima fra tutti l’orwelliana 1984, ma anche We (Noi, 1924) di Yevgeny Zamyatin e Anthem (La vita è nostra, 1938) di Ayn Rand.
Il film riprende il modello de romanzo a cui è ispirato, Picnic sul ciglio della strada (1971) dei fratelli Arkadij e Boris Strugackij, ma toglie qualunque riferimento geografico (e quindi politico) al film, spostandolo verso una riflessione allo stesso tempo sulla natura dell’esistenza e sulla natura del potere, implicita nella natura stessa della Zona, che mette in discussione le certezze di chi la attraverso, e per questo è stata chiusa dal potere locale, che prima ha cercato di distruggerla/sottometterla con al forza senza riuscirci (come dimostrano i resti di carri armati e altro sul percorso dei viaggiatori) ed ora cerca di contenerne l’impatto devastante impedendo l’accesso.
Ma il centro della riflessione, è, come è chiaro dall’inizio, una riflessione sull’esistenza, sull’individuo,s ui temi della vita e della morte. L’elemento SF rimane così molto defilato, poco più di uno spunto per riflettere su se stessi, come dovrebbe fare un film di fantascienza che si rispetti.

Recensioni
«Mi hanno sovente domandato cos’è la Zona, che cosa simboleggia, ed hanno avanzato le interpretazioni più impensabili. Io cado in uno stato di rabbia e di disperazione quando sento domande del genere. La Zona è la Zona, la Zona è la vita: attraversandola l’uomo o si spezza o resiste. Se l’uomo resisterà dipende dal suo sentimento della propria dignità, dalla sua capacità di distinguere il fondamentale dal passeggero»
(dal libro di Andrej Tarkovskij. Scolpire il tempo. Milano, UBULibri, 1988, pag. 178)
“Non c’è alcun dubbio che questa sia un opera eccezionale. Per convincersene basti pensare a come Tarkovskij riesca, senza l’utilizzo di alcun effetto speciale e senza mai mostrare nulla di strano o futuristico, a trafiggere lo spettatore con emozioni e pensieri profondissimi, facendogli provare, allo stesso tempo, incertezza, angoscia, dubbio, mistero, sorpresa, tristezza, malinconia e rassegnazione”.
(Federico Rivelli per MyMovies.com)
“La lettura religiosa dell’intero film è più volte sollecitata – le citazioni bibliche e il tema della fede non possono non corroborarla – ma non è mai esclusiva, lasciando margini di apertura e di fascino non riducibile ad un significato univoco. I lunghi silenzi che indugiano sul solo apparentemente immobile sfacelo del luogo e sui volti dei tre protagonisti ci permette di seguirli con la loro stessa trepidazione lungo i meandri della Zona e della loro attesa”. (Alfonso Maria Petrosino in Future Shock n. 48)
Curiosità
Il ilm è liberamente tratto dal romanzo Picnic sul ciglio della strada (1971) dei fratelli Arkadij e Boris Strugackij. Come già per Solaris, la pellicola rappresenta una personale interpretazione di Tarkovskij dello scritto originale.
La pellicola venne girata fra Dolgopa (Russia), Tallinn (Estonia) ed Isfara (Tagikistan) e fu presentata al Festival cinematografico di Mosca nell’agosto del 1979 ed al Festival di Cannes, in Francia, il 13 maggio 1980. Il film uscì nelle sale italiane nella primavera 1981: la locandina recava un improbabile logo simile al titolo di Star Wars.
Il racconto dei fratelli Arkadij e Boris Strugackij è ambientato in una città immaginaria del Canada, Harmont, limitrofa ad una delle diverse Zone disseminate sulla Terra. Lo Stalker è una figura reietta dall’emblematica capigliatura fulva, un ex fisico caduto in disgrazia e convertitosi alla malavita subendo condanne. Nel capitolo finale vi è la ricerca di una misteriosa sfera dorata attraverso la quale si avverano i desideri. Il film di Tarkovskij sembra iniziare dal termine del racconto.
Voto
voto 5 di 5 (da vedere, assolutamente)

multimedia
Il trailer della versione rimasterizzata del 2017
Analisi del film (in inglese)
Il film in italiano
Link esterni
La scheda di Stalker da IMDB.com
La scheda di Stalker da Allmovie
La scheda di Stalker da Rotten Tomatoes
La scheda di Stalker da Wikipedia
La scheda di Stalker da My Movies
La scheda di Stalker da InfernalCinema
La scheda di Stalker da Weird Fiction Reviews
La scheda di Stalker da My Movies