Gesù entra a Gerusalemme – Verifica delle profezie
Conoscendo Gesù le Sacre Scritture, credeva nella predizione, per cui, nel suo convincimento, recandosi a Gerusalemme, fece in modo che le profezie si realizzassero nella sua persona, assecondando così la volontà di Dio e consentendo anche che si annullassero i peccati della sua gente. Resta in ogni modo un fatto, che se il Messia era atteso come un conquistatore terrestre che conquistasse da vittorioso Gerusalemme con le armi e con il fuoco, perchè doveva dare a se stesso potenza e gloria, Gesù v’arrivò invece, in modo diverso e raggiunse il fine maggiore attraverso la sofferenza ed il sacrificio.
L’indecisione nella quale mi agito, mi spinge a muovermi tra un Credere e un Non Credere, che non è facile razionalizzare, nè accettare per cieca fede, presentandomi deciso in alcuni convincimenti, ma anche molto incredulo nel voler scalfire, senza minimamente pensarlo, un Monumento così grande, qual’è una Religione come quella Cristiana, o quelle di altre Religioni.
Nell’assurda follia umana vi possono essere anche dei momenti di fine ragionevolezza, ma tante cose si presentano contraddittorie e fantasiose, oltre che poco credibili e reali per la totale mancanza di prove documentali o testimoniali, oppure perché assimilate da precedenti religioni e successivamente adattate perché l’uomo debba ciecamente credere in quei princìpi.
Questi dubbi o queste nuove dubbie formulazioni, ipotesi assolutamente in astratto, ma laicamente proponibili, fanno sperare che un giorno, le diverse Chiese, eliminando ogni personale rivalità nel pieno convincimento di un inesistente potere di superiore supremazia e ritenendo altresì l’uomo più maturo e cosciente per poter accettare e comprendere nuove verità e eclatanti sconvolgimenti, dovranno arrivare finalmente a dare a tutti gli Esseri umani della Terra, avvalendosi ovviamente anche delle più futuribili verità scientifiche ed eliminando i tanti veli del Mistero, un’unica vera, Universale Religione.
Tutti credono, tutti temono, tutti difendono le proprie convinzioni religiose, forse si è eretici e forse nello stesso momento si è anche persuasi del contrario, ma tutti hanno piena consapevolezza che solo nella Morte si scoprirà il grande Mistero della Vita e che l’Uomo, credente o meno, avrà solo nel trapasso la contezza e la conoscenza della Verità Assoluta.
“BRIGANTI SI MUORE …” in storie di Calabria e del Sud
Nel brigantaggio femminile, le drude, cioè le compagne dei capibanda, donne passionali e crudeli, feroci e determinati più degli uomini, venivano viste come figure femminili ribelli alla concezione di sudditanza agli uomini, in cui la società le poneva. Il loro comportamento reazionario era a protezione della famiglia, dei figli e degli uomini e la loro ribellione si poneva contro una mentalità sociale, economica e politica nella quale venivano poste nella società dell’epoca.
Quando venivano condannate a morte, affrontavano quel momento con dignità e coraggio.
Ma la fame ed il freddo uccideva anche molti di questi briganti e ci fu anche chi si suicidò per non cadere nelle mani del nemico e per non finire i suoi giorni in una cella di un carcere dopo essere vissuto sempre da libero nei boschi. Ma vi furono anche quelli che presentatisi innanzi all’esercito regolare nella speranza di ottenere un atto di clemenza, successivamente furono impiccati o fucilati sul posto, oppure, a seguito di condanne, finirono i loro giorni in carcere per malattie e stenti.
Il brigantaggio è sempre esistito, sia in forma singola che in forma associativa, mentre il “bando”, da cui il termine “bandito”, soprattutto nel Medioevo, era il provvedimento che un’autorità emetteva nei confronti di un persona o di un gruppo che doveva essere allontanato, esiliato, perché aveva commesso reati di opinione o atti lesivi verso la quiete pubblica.
Col tempo il termine “bandito” si è attenuato e così venne chiamato “brigantaggio”, nel quale si classificavano reati particolarmente criminali come omicidi, rapine, furti, stupri, ricatti e minacce, insomma azioni da briganti.
Il termine “brigantaggio”, si fa quindi derivare dal verbo “brigare”, cioè lottare, combattere, ma con obiettivi malvagi, contrapponendolo alla parola banditismo, che anche se similare, aveva una diversa più attenuata, temporale lettura.
Questo fenomeno si allargò enormemente su vasta scala nazionale nel XVI secolo, e soprattutto si sviluppò nel Centro-Sud italiano, allorché “un solitario”, al fine di mettere in atto azioni delittuose più impegnative, si aggregava ad altri per organizzare una vera e propria banda, che poi collegialmente agiva, per compiere furti, rapine, assassini, sequestri e ricatti.
Così il brigantaggio, divenne reazione e lotta armata contro i grandi proprietari terrieri, contro i contadini, contro l’eccessiva fiscalità, contro il potere governativo, per divenire, dopo l’unificazione del territorio italiano sotto il re Vittorio Emanuele II di Savoia, anche lotta contro lo strapotere dei piemontesi.
L’origine della Calabria è avvolta in un vaporoso velo di mistero in cui il mito e la fantasia si confondono con la realtà. C’è un dato certo però: la nostra regione, nel periodo neolitico (5.000 a.C.), è stata invasa dalla cultura di HACILAR; lo testimonia il ritrovamento, di notevole importanza artistica, delle famose “Ceramiche di FAVELLA DELLA CORTE (Corigliano)” in provincia di Cosenza: ciotole con decorazioni monocrome a bande rosse. (HACILAR ha influenzato anche la cultura di SESKLO (5.000 – 4.000 a.C.) zona della TESSAGLIA (nord della Grecia). Nella decorazione della ceramica nella cultura di SESKLO predominano variazioni del motivo a zig – zag e mostra indubbi legami con i disegni della tessitura e analogia con le nostre ceramiche di Favalla e dell ‘ Anatolica HACILAR.)