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FUTUROPASSATO – RASSEGNA DI CINEMA DI FANTASCIENZA DELL’ETA’ DELL’ORO PUNTATA 129: La terra dimenticata dal tempo (1975)

Ben ritrovati in questa nostra rubrica che parla di cinema di fantascienza dei tempi che furono.
Ultima settimana di giugno e si ritorna nella SF più tradizionale. Niente trash, ma un film ben fatto, con una trama tratta da un romanzo di Edward Rice Burroughs: La terra dimenticata dal tempo (1975)

La locandina del film
La locandina del film

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Futuropassato – RASSEGNA DI CINEMA DI FANTASCIENZA DELL’ETA’ DELL’ORO 67: The Crater Lake Monster (1977)

E rieccoci qui, a parlare di film di fantascienza degli anni passati. Questa volta, parleremo di un film che intendeva riportare in auge i vecchi film di mostri modello Nessy, ma senza grandi risultati, forse perché uscito quando gli interessi del pubblico erano calamitati da Star Wars ed epigoni vari. Gloria, dunque, anche The Crater Lake Monster (1977)

La locandina del film
La locandina del film

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FUTUROPASSATO – RASSEGNA DI CINEMA DI FANTASCIENZA DELL’ETA’ DELL’ORO PUNTATA 25: L’isola sconosciuta (1948)

Buona domenica e ben trovati.
Ritorniamo nella Golden Age della fantascienza made in USA con questo film, non proprio di grido (semmai da urlo), che passò per lo più inosservato (a ragione) anche in Italia: L’isola sconosciuta (1948).

Locandina originale del film
Locandina originale del film

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Futuropassato – rassegna di cinema di fantascienza dell’età dell’oro puntata 1

Iniziamo una nuova rubrica, dedicata al cinema di genere degli anni d’oro, dal 1950 al 1970. Quello che segue è la prima recensione ed è dedicata ad un film di fantascienza uscito molti, molti anni fa, nel 1969 (la prima risale al 3 settembre 1969!): La vendetta di Gwangi.

Locandina del film
Locandina del film

La sched(in)a

Titolo originale: The Valley of Gwangi
Nazionalità: Stati Uniti
Anno: 1969
Genere: fantastico, western
Casa cinematografica: Warner,
Colore e durata: col., 95 min.
Regia:James O’Connolly
Sceneggiatura: William Bast, Julian More da un soggetto di Willis O’Brien
Effetti speciali: Ray Harryhausen
Musica: Jerome Moross

Cast:
James Franciscus: Tuck
Gila Golan: T.J.
Richard Carlson: Champ
Laurence Naismith: Prof. Bromley
Freda Jackson: Tia Zorina
Gustavo Rojo: Carlos
Dennis Kilbane: Rowdy
Mario De Barros: Bean
Curtis Arden: Lope

James Franciscus e Freda Jackson in una scena del film
James Franciscus e Freda Jackson in una scena del film

Un po’ di storia non guasta mai

In una valle perduta del Far West americano, intorno al 1900, alcuni mandriani, invece che nativi americani, scoprono  alcuni sauri preistorici giganteschi preservatisi miracolosamente (perché il film non lo spiega) attraverso milioni d’anni.
Una notte, uno zingaro fa irruzione nell’accampamento di un circo itinerante. L’uomo è agonizzante. Mormora qualche frase sconnessa a proposito di una vendetta di Gwangi e muore lasciando cadere un sacco in cui si agita qualcosa di vivo. Il sacco contiene un heoippus, un minuscolo cavallo preistorico incredibilmente vivo e vegeto, e gli uomini del circo pensano subito di farne l’attrazione principale per i loro spettacoli. Alcuni zingari, spaventati da una maledizione che incomberebbe sulla valle dalla quale l’animale è stato sottratto, lo rapiscono con l’intenzione di liberarlo. Kirby ed i suoi cowboys si mettono sulle sue tracce, si addentrano nella valle proibita e scoprono che è abitata da gigantesche creature preistoriche.
Dinosauri, pterodattili e altri mostri infestano la valle e assaltano i mandriani che cercano di scappare ad una morte certa. Fin qui, la storia è abbastanza credibile e ancora sul filo della sana “sospensione dell’incredulità”. Ma gli eroi di questa storia, con il loro “lazo”, invece che una vacca, catturano addirittura un tremendo allosauro, chiamato Gwangi, e lo trasportano in una vicina cittadina, dove lo esibiscono in un grande rodeo. Il mostro, ovviamente, riesce, in puro stile King Kong, cui la sceneggiatura deve molto, ma proprio molto, liberarsi e dopo aver lottato strenuamente contro un elefante di un circo e averlo ucciso a colpi di zanne, si dirige nel centro cittadino, seminando il panico fra i cittadini, che si rifugiano in una grande cattedrale. Intorno alla cattedrale avviene la lotta finale: la bestia viene uccisa (muore fra le fiamme) mentre un bambino piange.

La cattura del dinosauro
La cattura del dinosauro

Analisi

Il film non affronta problematiche complesse e i personaggi non sono particolarmente brillanti ed originali. Originale è invece il mix fra western e cinema di mostri in stop motion, ma il fatto può anche essere interpretato come segnale della crisi di un genere (i film di mostri) ormai abusato. Interessante è invece l’idea della contaminazione fra generi così lontani fra loro, molto prima di incroci pericolosi come i mix fra SF e Fantasy nella saga di Star Wars e fra SF e horror in Alien di Ridley Scott (1979), per non parlare dell’altro ibrido SF/ Western, Cowboys vs Aliens sul quale, comunque, è meglio stendere un velo pietoso). La parte finale ricorda, troppo da vicino, in verità, per certi versi King Kong, per altri Frankestein, per cui sa un po’ di già visto, per non parlare dello stereotipo delle fiamme purificatrici. la sceneggiatura non sembra calcare molto la mano sulla struttura base del western, l’assedio al fortino e l’ “arrivano i nostri”, con il povero Gwangi al posto degli altrettanto malcapitati nativi americani, tuttavia si sente ancora l’afflato epico del west di John Ford, soprattutto nelle fasi finali.
Probabilmente, il film è arrivato fuori tempo massimo (il che spiegherebbe anche il relativo insuccesso al botteghino).
La sceneggiatura presenta in effetti i personaggi e il mostro come simboli della eterna lotta tra l’eroe, la bella e la furia cieca del male primordiale: una caratterizzazione troppo spartana che trascura volontariamente il ritratto psicologico dei protagonisti.
Anche l’uso del colore è concepito per avvalorare il significato della favola, con una predominante del rosso a significare di volta in volta il mistero (gli zingari), la sensualità (una scatenata danzatrice), la vittoria del bene (le fiamme che bruciano la bestia).
Una impostazione lineare che viene imprevedibilmente ribaltata nella sequenza finale dove un bambino piange la morte del mostro e che suggella, in definitiva, il trionfo dell’ordine sulla libertà della natura, e quindi della fredda razionalità sulla spontanea innocenza della fantasia.

Curiosità

Il film nasce da un progetto accarezzato da Willis O’Brien già nel 1942 e che nel 1950 aveva trovato forma, con la collaborazione dello stesso Harryhausen, nel soggetto “The Valley of the Mist”. In questo senso, la pellicola è un omaggio al grande maestro della stop-motion.
Il Gwangi di O’Brien doveva essere una sorta di gigantesco scorpione. Harryhausen preferice trasformarlo in un dinosauro per giocare più liberamente con i trucchi e per rendere più movimentata la storia.

Voto

3 su 6 (si poteva fare di meglio)

Link esterni

(EN) La vendetta di Gwangi, in Internet Movie Database, IMDb.com.
Scheda su La vendetta di Gwangi di FantaFilm